1 febbraio 2011

Candelora. Dalla Madonna alla festa degli orsi e dei femminelli

Dimani, s’er Ziggnore sce dà vvita,
vederemo spuntà la Cannelora.
Sora neve, sta bbuggera è ffinita,
c’oramai de l’inverno semo fòra.

(dal sonetto Er tempo bbono)*
La festa religiosa cristiana delle candele, Candelòra o Candelaia, ricorda il rito di purificazione che la Madonna dovette seguire dopo aver dato alla luce Gesù Cristo, in conformità con la legge mosaica. Nel libro della tribu' di Levi, il Levitico, era infatti prescritto che ogni madre, che avesse dato alla luce un figlio maschio, sarebbe stata considerata impura per sette giorni, e che per altri trentatré non avrebbe dovuto partecipare a qualsiasi forma di culto. Il libro e' piu' noto per la sua condanna senza appello della omosessualita': Levitico 18,22 “Non avrai con maschio relazioni come si hanno con donna: è abominio”, e in 20,13: “Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro”.
Per una strana legge del contrappasso ai nostri tempi si sta invece consolidando una vocazione della Candelora come festa anche dei "femminelli". Da qualche anno a Montevergine in Irpinia si celebra con una "tammurriata" cui ora e' ammessa a partecipare anche la comunita' degli omosessuali, discriminata a morte piu' di 2000 anni fa.
Ma torniamo alle origini di questa festa di mezzo inverno. Le popolazioni celtiche, a latitudini molto piu' elevate, parliamo degli irlandesi e di altre genti del nord Europa, la interpretavano come il passaggio dal culmine dell'inverno alla discesa verso la primavera. A meta' strada fra il solstizio d'inverno e l'equinozio di primavera. Un primo timido segnale del risveglio della natura.
Nella Roma del Belli, dove ogni festa era legata alla religione e percio' a qualche avvenimento della vita di profeti, santi e divinita', questa connotazione, di tipo astronomico, era stata completamente rimossa, cancellata, come ogni altro riferimento agli antichi rituali pagani.
Presso le popolazioni Celtiche del Nord Italia, e dell’Europa si celebravano festeggiamenti per una ricorrenza chiamata Imbolc (o anche Oimelc) o festa di mezzo inverno,
Il nome Imbolc è di origine irlandese.
La celebrazione di Imbolc iniziava al tramonto del sole, perché secondo il calendario celtico il giorno iniziava appunto dal quel momento. La traduzione del termine e' letteralmente "in grembo" e fa riferimento alla gravidanza delle pecore, cosí come Oimelc sta per "latte ovino", a indicare che in origine si trattava di una festa legata al latte dei greggi dei pastori. E’ in questo periodo, infatti, che nascevano gli agnellini, e di conseguenza le pecore avevano il latte. Era un momento importantissimo, poiché per le societa' dedite alla pastorizia la produzione del latte rappresentava il rinnovarsi di un ciclo vitale.
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Delle tradizioni legate alla Candelora presso le popolazioni alpine ci resta anche "La Festa dell’Orso", tipica delle zone di montagna. Anticamente, nelle zone dell’Arco Alpino, nel giorno di Candelora un montanaro-domatore girava per le piazze dei paesi facendo ballare un orso, simboleggiando il risveglio dal letargo della fiera e di tutta la natura.
Presso i Romani il risveglio dopo il periodo piu' freddo dell'inverno era celebrato con i Lupercalia.
La festività si svolgeva il 15 Febbraio (questo mese era il culmine del periodo invernale nel quale i lupi, affamati, si avvicinavano agli ovili minacciando le greggi) in onore del dio Fauno nella sua accezione di Lupercus cioè protettore del bestiame ovino e caprino dall’attacco dei lupi.
Secondo Ovidio i Lupercalia furono istituiti da Romolo per una grazia ricevuta da Giunone, dea della casa, della famiglia e della fertilità.
Al tempo di re Romolo si verifico' un periodo di sterilità che coinvolse tutte le donne, incapaci di procreare. Per questo Ovidio racconta che la popolazione si reco' al bosco sacro di Giunone, ai piedi dell’ Esquilino. Attraverso lo stormire delle fronde, la divinita' annuncio' che le donne dovevano essere penetrate da un sacro caprone.
Un àugure perspicace interpretò l’oracolo e fu sacrificato un capro. Quindi tagliò dalla sua pelle delle strisce con le quali colpí le terga delle donne e dopo dieci mesi lunari le donne partorirono. In latino le fruste sono "februa", da cui il nome di febbraio, il mese in cui si svolgevano questi rituali.
Nella notte dei tempi passati, la commemorazione del rituale di purificazione di rito ebraico, dal vicino Oriente passò a Roma e già dal VIII secolo d.C. la festa aveva raggiunto grande solennità e partecipazione popolare. A Roma, nel Medioevo, si svolgeva una processione che attraversava mezza citta', partendo da Sant'Adriano, per i fori di Nerva e di Traiano, il colle Esquilino, per raggiungere infine la basilica di Santa Maria Maggiore, dove avveniva il rito della benedizione e distribuzione delle candele. 

Con il cristianesimo, insomma, i tanti caratteristici antichi rituali metainvernali sono stati eliminati e sostituiti dalla ricorrenza della Candelora. Nella Roma dello Stato pontificio si celebrava (e ancora si celebra oggi) questa strana purificazione di origine inconfutabilmente ebraica, dove la Madonna veniva finalmente restituita, dopo 40 giorni, alla societa' tribale degli antichi giudei e il bambinello veniva circonciso e presentato al tempio. Ma in fondo per il popolino dei fedeli del Papa re questa ricorrenza si traduceva nella possibilita' di arraffare una candela, come spiega il Belli nel finale del sonetto:
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ER DUA DE FREBBARO
Uh! cch’edè ttanta folla a la parrocchia?
Perch’entri tutta eh! nunn j’abbasta un’ora.
E in sta cchiesa piú cciuca d’una nocchia
sai cuanti n’hanno da restà de fora!
Senti, senti la porta come scrocchia!
Guarda si ccome er gommito lavora!
Ma pperché ttanta ggente s’infinocchia
drento? Ah è vvero, sí, sí, è la cannelora.
Ecco perché er facchino e ffra Mmicchele
usscirno dar drughiere co una scesta
jeri de moccoletti e dde cannele.
Tra ttanta divozzione e ttanta festa
tu a ste ggente però llevejje er mele
de la cannela, eppoi conta chi rresta.
Roma, 2 febbraio 1833
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Versione. Il due di febbraio. Uh! che cos'e' tanta folla alla parrocchia? Perche' ci entri tutta eh! non basta un'ora. E in questa chiesa piu piccola di una nocciola sai quanti ne debbono restare di fuori! Senti senti come scricchiola la porta! Guarda come lavora il gomito (per cercare di entrare)! Ma perche' tanta gente si ficca dentro? Ah e vero, si, si, e' la candelora. Ecco perche' il facchino e frate Michele uscirono dal droghiere con una cesta di moccoletti e di candele. Tra tanta devozione e tanta festa tu a questa gente pero' leva il dolce (l'utile) della candela, e poi conta chi rimane.
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*Il tempo buono. Domani, se il Signore ci da' vita, vedremo spuntare la Candelora. Signora neve, questa fregatura e' finita (personificazione dell'inverno), che ormai dell'inverno siamo fuori . . .

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IMMAGINI. La festa delle candele ("Candelora") partiva in epoca cristiana dalla consacrazione rituale dei ceri, a cui seguivano di solito processioni, danze popolari e perfino il "ballo dell'orso" (stampa di B. Pinelli, 1809).

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